Dal settimanale "Il Sabato", alcuni articoli del biennio 1981-1983

 

 

 

 

Forse una nuova Fatima, un partito contro Maria

 

Nella repubblica jugoslava sta accadendo qualcosa di incredibile. La gente cambia vita, prega, digiuna. Tutto sulla fiducia nei piccoli contadini. La prudenza della Chiesa: «Il miracolo è possibile». L'impotenza e la paura dei successori di Tito.

 

Una nuova Fatima? «Nessuno può dirlo. Però i frutti sono grandi, immensi». È un sacerdote che parla. Vuol mantenere l'anonimato. Viene da una terra dove sta accadendo qualcosa di incredibile.
Il 24 giugno scorso, in un villaggio della repubblica della Bosnia Erzegovina, nella federazione jugoslava, sei bambini (due maschi e quattro femmine) giocano sulle falde del Monte Krizevac. Sono contadini, pastorelli, hanno fra gli otto e i sedici anni. Il paesaggio che hanno davanti è quello tipico delle campagne del loro paesello, Medjugorje, frazione a sua volta di Bijakovici, presso Citluk, diocesi di Mostar: terra carsica, erba e pietre. Nella tenue luce del crepuscolo accade qualcosa. Uno di loro, Jakov Colo, di otto anni, si butta in ginocchio, presto anche i suoi compagni gli si mettono intorno, guardano in alto assorti. È una scena che ha singolari analogie con quella accaduta il 13 maggio di più di sessant'anni fa in un piccolo borgo portoghese.
Non si sa cosa sia accaduto, si sa quel che i bambini raccontano subito, la sera stessa. «Vestiva un abito grigio, portava un mantello bianco, era incoronata di stelle e aveva in braccio un bambino»» dicono senza spavento. Jakov sostiene di averle chiesto una grazia per la sorellina più piccola, Daniela, paralitica. La Madonna Velika Gospa* la Grande Signora, come dicono in croato avrebbe risposto che sì, che la sorellina sarebbe guarita, purché i genitori rinforzassero la loro fede. Dei testimoni affermano che Daniela starebbe meglio.
La Madonna avrebbe detto poi che bisognava pregare «per la pace tra di voi e in tutto il mondo», fare penitenza e convertirsi. Alla stessa ora, dopo le 18 e 30, nello stesso luogo, la «Grande Signora» e venuta ancora, dicono Jakov e i compagni, per dieci giorni consecutivi. La notizia è corsa in fretta per tutta la Bosnia Erzegovina e la Croazia.
Una massa di fedeli si e riversata senza sosta nel paese di Medjugorje ha trasformato il monte Krizevac (Kriz in croato significa croce) in mèta del pellegrinaggio mariano. Oltre le genti cattoliche, anche dalla vicina Serbia e dal Montenegro, sono giunti fedeli di religione greco-ortodossa. Tra questa folla, numerosi gli ammalati, mossi dalla speranza di una guarigione miracolosa che un'altra notizia rinforzava: un vecchio, Jozo Veselje, affermava di vederci meglio dopo due anni di semi-cecità. «Ho chiesto alla Madonna la grazia e mi sono lavato gli occhi con l'acqua dei fiori dove Lei è apparsa», ha riferito.

Nella Jugoslavia travagliata dalla grave crisi dell'autogestione e da quella economica che registra punte inflazionistiche superiori al 60 per cento, dall'opposizione popolare e nazionale degli albanesi del Kosovo contro l'egemonismo sciovinistico serbo di Belgrado, questo fatto nuovo ha turbato alquanto i successori di Tito.
Mentre la Chiesa croata e le gerarchie ecclesiastiche della Bosnia-Erzegovina non si pronunciavano sul fenomeno, ed anzi, com'è nella tradizione, invitavano i fedeli alla cautela, le reazioni del Partito comunista e degli organi di governo hanno preso dimensioni persecutorie e isteriche quando le manifestazioni di fede hanno assunto un carattere spontaneo pubblico e di massa. Come potevano i gerarchi del Partito restare indifferenti quando tutta la repubblica della Bosnia, ed ancora più in là, in Croazia, santificava il giorno di venerdì (e così lo santifica tuttora) offrendo il proprio digiuno alla Madonna?
Ci dice l'anonimo sacerdote: «È uno spettacolo vedere quei minatori di carbone, gli operai delle fabbriche, accettare il venerdì solo pane e acqua. Vedere migliaia di persone far la fila per le confessioni». Ecco allora la reazione.
L'attacco è partito da uno dei massimi rappresentanti del Partito comunista, Branko Mikulic, il quale ha giudicato il fatto come una manifestazione di clerico-nazionalismo volto a demolire lo Stato. Giornali radio e televisione, a questa dichiarazione davano maggior rilievo che non ai fatti del Kosovo della trascorsa primavera, mentre con pronto sincronismo la polizia politica scendeva in campo e affrontava il pericolo. I ragazzi sono prelevati dalle loro case e trattenuti per lunghi giorni in luogo sconosciuto. Ma, racconta il prete nostro interlocutore, accadono eventi inspiegabili. La fonte è la stessa polizia, stavolta.
Primo episodio. I ragazzi vengono portati in caserma, interrogati separatamente in stanze diverse. Ad un certo punto, improvvisamente, nello stesso momento, i poliziotti sono testimoni di un fatto incredibile. Tutti i bambini si girano verso la stessa direzione, in ginocchio sono come rapiti. I poliziotti escono di caserma raccontando spaventati l'accaduto.
Secondo episodio. Sulla camionetta che li sta portando per un sopralluogo al monte della apparizioni si ripete la stessa scena. I poliziotti stavolta non sopportano. Balzano fuori dal mezzo abbandonando i ragazzi nella campagna.

Oltre alla temporanea segregazione dei bambini, l'altra manovra della polizia è stata di circondare con centinaia di agenti il luogo del pellegrinaggio, di dragarlo, di recintarlo. Inutilmente.
I bambini sono stati restituiti alle loro famiglie senza che si sia potuto in qualche maniera dimostrare che fossero drogati o malati (mentali, evidentemente), e lo schieramento di polizia non riesce tuttora a dissuadere la gente dall'accorrere nella zona. Grande soprattutto la presenza di giovani figli di emigrati (come la Croazia, anche la Bosnia-Erzegovina è terra di notevole emigrazione), venuti a pregare per il ritorno dei loro padri e fratelli, e a cantare inni nazionali croati. «Per giustificare il suo intervento — ci dice il sacerdote — la polizia ha convogliato all'osteria del paesetto gruppi di agenti in borghese che si fanno notare a viva forza intonando a squarciagola canzoni ustascia e fasciste. Dopo di che vengono prelevati con camionette sotto gli occhi della gente che però non si lascia ingannare».
Contemporaneamente a queste operazioni grottesche, gli organi di sicurezza di Sarajevo (capitale della Bosnia) e del circondario hanno condotto le indagini per svelare il «complotto». Giorno e notte gli abitanti del paese sono stati convocati e sottoposti a forti pressioni purché ammettessero che tutto quel che andava succedendo era una montatura messa in piedi dai preti a scopo di lucro.
Tutto però è stato inutile e il 15 agosto, festa dell'Assunta, 40 mila persone sono convenute a Medjugorje a pregare. La metà erano giovani. Per il regime, questa è la goccia di troppo nel vaso. Il mattino del 17, duecento miliziani armati e con i cani circondano la chiesa parrocchiale di Medjugorje e la casa francescana, espellono con la forza i fedeli dalla chiesa, perquisiscono ovunque, sequestrano documenti ecclesiastici e lettere private del parroco, del cappellano e delle suore, l'operazione si conclude con il fermo del parroco, padre Jozo Zovko, e del redattore del giornale Nasa Ognjista (I nostri focolari), frate Ferdo Vlasic, il quale sarà più tardi condannato a due mesi di prigione per resistenza alla forza pubblica. I due francescani sono stati considerati responsabili della vicenda, «istigatori» di manifestazioni di fede che si sarebbero trasformate in «gazzarre di nazionalismo croato anticomunista», tutte ritualmente definite fasciste. Immancabile e violentissimo è stato l'attacco alla Chiesa cattolica, colpevole di non aver seguito le ragioni del regime, ma di aver seguito quelle della fede che strettamente la uniscono ai croati e ai bosniaci cattolici. La Chiesa, in una lettera indirizzata dalla locale gerarchia al presidente della Repubblica della Bosnia lo scorso agosto, dichiara di tenere in sospeso il giudizio sul fatto. Cita la Scrittura: «Se è intenzione o opera degli uomini, perirà; se è lopera di Dio, nessuno potrà distruggerla». Ha respinto le accuse di speculazione politico-religiosa e ha ricordato anche che è del tutto naturale che giornalisti atei colorino di fanatismo qualsiasi elemento di veridicità vi sia in ciò che dicono i bambini. I giornalisti atei «affermano anche che non esiste né Dio né Madonna. Per noi fedeli è indifferente il modo in cui ciò si scrive, ma è offensivo che si affermi senza prove che i bambini sono istigati». E conclude dicendo che comunque la Chiesa crede ai miracoli.
Ed è già un miracolo quello che sta accadendo in Bosnia. Di esso la polizia ha tangibilmente paura, tanto che la folla, mossa a pietà, prega Maria perché gli agenti non soffrano troppo. Per protesta contro l'uso terroristico del mezzo televisivo verso l'accaduto, moltissimi bosniaci non hanno rinnovato l'abbonamento televisivo: si parla di duecentomila televisori sigillati. E i ragazzini? I più grandicelli hanno fatto una loro scelta. Due ragazze sono entrate in monastero, un bambino nel seminario.

 

Renato Farina
Antonio Pitamitz