Dal settimanale "Il Sabato", alcuni articoli del biennio 1981-1983

 

 

 

REPORTAGE

 

Diario di un viaggio a Medjugorje. Da un pellegrinaggio alla «Nuova Fatima» jugoslava il documento della fede di un popolo e della repressione religiosa


Processo a Jozo e a Maria

 

La gente della parrocchia racconta le fasi del procedimento giudiziario contro il francescano. I testimoni minacciati. «Tutti preghiamo per lui». Parlano i ragazzi a cui sarebbe apparsa la Madonna. I primi «miracoli».

 

Questo articolo è il risultato di un viaggio «non ufficiale» fatto a Medjugorje. Oltre ai pochi citati, in esso sono stati evitati precisi riferimenti relativi a luoghi, tempi e persone onde evitare il massimo possibile sgradevoli conseguenze per chiunque.


«Andiamo a Medjugorje, a Messa. Sì, ci siamo già state altre volte». Le due studentesse cui dò un passaggio narrano dei fatti di Medjugorje nel croato cantilenante dei bosniaci, pervaso di una dolcezza che stranamente contrasta con l'asprezza carsica del paesaggio. Parlano delle «apparizioni» della Madonna con naturalezza, come parlassero dell'incipiente cambiamento della stagione. Lo fanno con toni di voce segnati da un tranquillo fervore religioso, che si esprime anche quando manifestano la loro riconoscenza nei modi della fede. «Se il nostro caro Iddio non vi avesse messo sulla nostra strada», dice la più giovane, «saremmo arrivate in ritardo alla Messa».
La strada corre tra campi ricavati su fazzoletti di terra strappati con tenacia secolare alla roccia. Gente che qua e là lavora nella quiete della mattinata domenicale ricorda che ci troviamo in un paese in parte musulmano, dove i fedeli del Profeta osservano il venerdì il precetto festivo. Campanili e minareti scandiscono l'alternarsi delle due religioni in questa regione divisa tra croati e serbi, e calata nel cuore dell'Europa balcanica. Oggi, il muezzin tace, mentre il suono delle campane ci accompagna verso il paese della «Grande Signora», in un viaggio che nell'ultimo tratto assume i modi di un pellegrinaggio tradizionale.
Giunti in prossimità di Medjugorje, per disposizione delle autorità comuniste, disorientate di fronte a un fenomeno che sfugge alla loro razionalità, anche il più pigro e incallito cultore dell'auto è obbligato a trasformarsi in romeo. In questo paese, dove da sempre la pazienza è virtù con la quale si resiste a tutte le oppressioni, ora, anche per lo straniero, diventa obbligo. Infatti, solo gli abitanti di Medjugorje possono arrivare in paese in auto. Gli altri, la massa di fedeli che giunge da ogni parte, deve percorrere l'ultimo chilometro e mezzo a piedi, sotto gli occhi attenti e scettici delle pattuglie della Milicija. I «poliziotti popolari» sono disposti agli incroci, devono impedire alla gente di recarsi in pellegrinaggio sul luogo della supposta apparizione. Il posto, che si intravede di lontano, è diventato «off limits». Se ne stanno lì, fermi, nelle loro divise color carta da zucchero, il berretto col frontino bianco sormontato dalla stella rossa. Impassibili, sembrano quasi convogliare la gente verso la chiesa, tanto da far dire, con amara ironia, a un frate, di «non aver visto da nessuna parte una polizia così brava e devota. Spinge la gente in chiesa, dove noi sacerdoti e frati la aspettiamo per darle il conforto della fede».
Le mie due occasionali compagne di viaggio, appena giunti, ben presto si confondono, visibilmente emozionate, tra la folla di fedeli che riempie il paese. C'è gente di tutte le età, ma, ciò che colpisce, è soprattutto la presenza di giovani, di tanti giovani. Sono tutti ordinatamente disposti fin fuori della chiesa per poter seguire la Santa Messa.

 

Una festa di fede

All'introito, un silenzio profondo, immenso, cala sulla piazza. È interrotto solo dalle risposte corali dei fedeli all'invito dell'officiante. La sua voce sicura giunge fin fuori ritrasmessa da due potenti altoparlanti. Celebra in croato, la prima delle lingue nazionali a essere una lingua liturgica, col latino, nella Chiesa cattolica. È dal 923 che i croati godono di questo privilegio, concesso a questa Chiesa cattolica croata, che già nell'879, venne dichiarata dalla Santa Sede «figlia prediletta». Per colui che arriva da «Occidente», da Paesi in cui la fede e la religione cristiane, pur essendo ancora libero patrimonio comune, sono spesso dimenticate nelle pieghe dell'edonismo contemporaneo, o sono intaccate dallo scetticismo «illuministico», la visione dei fedeli che si raccostano all'Eucarestia, che ben sei sacerdoti offrono, è tale da colpire con la forza di una rivelazione forse anche il più incallito degli agnostici. Viene pure naturale meditare sulle profonde e robuste radici popolari di questa fede, sulla sua capacità di resistere ai forti venti che cercano di scuoterla e di sradicarla, qui, in queste contrade, dove da trentacinque anni il «materialismo scientifico» è dottrina di Stato e materia obbligatoria di insegnamento nelle scuole.
È una serena festa di fede popolare quella che si vive qui a Medjugorje nel segno di quella Croce che all'orizzonte svetta sulla cima del monte Krizevac, uno dei tanti luoghi sacri ai cattolici croati. Dal 1933, da quando venne eretta in ricordo del 1900esimo anniversario della morte di Cristo, essa domina la parrocchia di Medjugorje e la pianura che le si stende intorno. Da allora, ogni anno, migliaia di fedeli salgono, recitando il Rosario, le secche balze del monte per celebrare ai suoi piedi la festa della Santa Croce. Quest'anno, sono venuti in più di 50.000.
Intorno a questa Croce, in paese raccontano un fatto, cui molti vogliono attribuire un significato particolare. Il giorno in cui si stava processando frate Jozo Zovko, si sarebbe «accesa» di un bianco intenso, fino a quasi dissolversi davanti agli occhi dei paesani, che si chiamavano l'un l'altro per osservare il fenomeno. Inevitabilmente, in quel momento il pensiero di tutti era al frate Jozo. In paese di lui si parla come della vittima innocente di una persecuzione. È stato condannato alla fine di un processo farsa, nel corso del quale la pertinacia persecutoria dei suoi accusatori è volta del ridicolo, senza purtroppo evitargli il carcere duro. I principali testimoni d'accusa non erano di Medjugorje; su quindici portati in aula, dodici hanno ritrattato le deposizioni date in istruttoria. Uno dei testimoni «convenuti» avrebbe indicato il funzionario dei servizi di sicurezza che lo ha minacciato di «fargli perdere il pane», di perseguitarlo, se non deponeva contro frate Jozo come gli veniva chiesto. Si è persino tentato di far dite a due ragazze di essere state circuite dal frate.

 

Si processa il Vangelo

Questo è stato il clima del processo. Frate Jozo ha tenuto testa, con serena fermezza, ai suoi accusatori, che lo processavano perché forse ritiene impossibile un miracolo al quale, egli all'inizio si era accostato con prudente incredulità. Quando i ragazzi di Medjugorje gli sono andati a dire di avere visto la Madonna, ne ha sorriso, e li ha presi garbatamente in giro. Ha mutato atteggiamento solo dopo che li ebbe interrogati a lungo tutto registrando. La maggior parte di queste registrazioni è stata sequestrata dalla polizia durante la perquisizione del 27 agosto.
Quello che si faceva, era fondamentalmente un processo alla fede, tale da far gridare al suo difensore, Milan Vukovie, un avvocato di Spalato: «Qui si sta processando li Vangelo». Ma a nulla è servito il suo coraggio, né quello dei quattrocento parrocchiani che avevano firmato per fra Jozo, pronti a testimoniare, ma che sono stati ignorati. Ora è in carcere, sostenuto dalla sua fede, e dalle preghiere dei suoi parrocchiani. «Per lui», dice il vecchio Jozo Vasilj, «noi tutti preghiamo».
Jozo Vasilj, il simpatico vecchio, sostiene invece il «suo» miracolo. Per verificarlo sono venuti a visitarlo dalle due Americhe, ma, dice con una punta di rammarico, non ancora da Roma, da quella lontana città che per questi croati della Bosnia che vivono tra musulmani e ortodossi, è due volte il centro della Cristianità. Da dieci anni era cieco da un occhio, e da quattro dall'altro. Avrebbe riacquistato la vista dopo aver fatto un infuso con l'erba che ha chiesto a una vicina di portargli dal luogo dell'apparizione. Ne ha bagnato un asciugamano che ha steso sul guanciale. La mattina dopo, quando si è alzato, prima di tutto ha recitato un Credo, quindi ha aperto gli occhi e d'un colpo ha avuto la sensazione di vederci. Alla moglie, che non ci credeva, avrebbe fatto notare, abbracciandola, che quella mattina non si era messa le calze. E a chi gli chiede se è disposto ad affermare tutto ciò, anche davanti a un registratore, risponde: «Sempre, e perché dovrei avere paura della verità?»
La verità come specchio della Fede ha sostenuto anche i sei ragazzi che avrebbero visto la Madonna durante le terribili prove cui sono stati sottoposti dalla polizia nei lunghi giorni in cui sono stati praticamente «sequestrati». Tutto è stato tentato perché ammettessero che quanto andavano affermando non era vero. Sono stati minacciati, sottoposti a pressioni di ogni genere. Ma, tutto è stato inutile, i ragazzi non hanno receduto. «Come poter dire che non è la verità quello che abbiamo visto», dice una delle ragazze, con semplicità. Desidera farsi suora, come un'altra delle «visionarie». E a quanti le chiedono, con amichevole provocazione, se la Madonna preferisca che si faccia suora o che sia una buona madre, risponde che entrambe le cose sono valide se si lavora per il Signore. Non ha più interesse agli |studi, attende solo di essere ricevuta suora, e intanto aiuta la mamma in casa. Più volte, quando si riunivano per pregare, e dopo le «apparizioni», i sei ragazzi sono stati osservati e visitati da una dottoressa. La Madonna li avrebbe messi sull'avviso: «Adesso vi si avvicinerà Giuda. Ce n'è uno in ogni società, ma non temete». Ma, la dottoressa sarebbe rimasta sconvolta da quella esperienza, e avrebbe ritrovato la pace e la tranquillità solo quando ha cominciato ad andare in chiesa.

 

Messaggio dì pace

Il messaggio della Madonna, come Il Sabato ha già scritto sarebbe questo: pregare ogni giorno, sette Padre, sette Avemaria, sette Gloria, recitare il Rosario, digiunare a pane e acqua il venerdì, e anche il sabato all'intenzione dei malati gravi, operare per la riconciliazione tra le genti. È un messaggio di pace che questi ragazzi lanciano, e ogni qualvolta possono, essi si ritrovano per pregare, in luogo però sempre diverso. La preghiera e la loro «arma». Alla Messa vespertina, quattro dei sei visionari, il piccolo Jakov Colo, Vicka Ivankovic, Marija Pavlovic, Ivanka Ivankovic, partecipano a quella collettiva nella chiesa stracolma di fedeli come la mattina. Intonano il Credo, guidati da un giovane frate che ha preso il posto dei confratelli imprigionati, recitano il Rosario, pregano per gli ammalati, e lo fanno con molta più naturalezza di diversi giovani che li attorniamo. Dopo parecchi mesi dalle prime supposte apparizioni, continuano a essere il centro di manifestazioni di fede che hanno per protagonista la grande massa dei cattolici croati della Croazia et della Bosnia-Erzegovina. Esse non perdono di intensità e di partecipazione nonostante il clima politico che regna nel Paese, e le condanne e le persecuzioni che i sacerdoti croati di Medjugorje e altrove, e gli stessi ragazzi, hanno subito. Il regime comunista ha il potere per coercire e perseguitare, ma non può disporre fino in fondo, con certezza, nemmeno degli uomini della «difesa civile» disposti per impedire di recarsi sul luogo della supposta apparizione dal paese. Li ha mobilitati di autorità per chiudere il passo in questo ultimo tratto, ma la loro «fede» non è certamente quella che ufficialmente dovrebbe essere.
Ad avvicinarsi in compagnia di un sacerdote, ci si sente salutare con un «Siano lodati Gesù e Maria». È gente del luogo, contadini che ti dicono quanto sia insensato quel servizio, che impedisce loro anche di lavorare mentre nei campi c'è tanto da fare. E ti parlano di come la gente giunge a Medjugorje da ogni parte, e sia tranquilla. E quando, giunti vicino al luogo della supposta apparizione, vedono la macchina fotografica, ti pregano di non fotografare. Vorrebbero volentieri permetterlo, ma proprio non possono. Se si venisse'a sapere, sarebbero puniti con due mesi di prigione, non sono certo molto fidati per ili regime, poiché alcuni aggiungono che se c'è qualche piccolo disordine, esso è opera di coloro che non pregano, che sono venuti apposta per crearlo.
Sono, insomma, i testimoni per niente muti delle provocazioni messe in piedi dal regime comunista per screditare le manifestazioni di fervore religioso che i fatti di Medjugorje hanno suscitato, per definire il tutto come un puro fenomeno di «clerico-nazionalismo», e di «superstizione», e di condannare in conseguenza, come ha fatto, i frati francescani del paese.
In realtà, la Chiesa cattolica, bastione di fede e nazionale dei croati della Croazia e della Bosnia-Erzegovina, è l'obiettivo di un attacco generalizzato del regime comunista, il quale non rifugge dai modi più brutali e vandalici. L'ultimo è quello scatenato sulla costa dalmata, a Makarska, nella diocesi di Spalato, contro il Santuario di Vepric.
In quel santuario, consacrato alla Madonna di Lourdes, lo scorso 9 settembre si era tenuto il Congresso eucaristico della Croazia del sud, alla presenza del Cardinale Oddi. Vi avevano partecipato quasi centomila fedeli. Ebbene, recentemente, il Comune di Makarska, tra il 12 e il 15 ottobre, mentre il curatore della Basilica era in pellegrinaggio a Lourdes con fedeli di Spalato, ha mosso i suoi bulldozer e ha demolito le opere erette per il Congresso eucaristico o preesistenti da tempo. È stata una distruzione sistematica, fin dentro la chiesa. Un cero pasquale in pietra, alto sette metri, è stato sradicato alle fondamenta, due grate in ferro con motivi ornamentali anticocroati, un'altra croce in ferro di un metro e mezzo, un serto, pure in ferro, con la scritta dedicatoria «Tredicesimo secolo della conversione dei croati», sono stati tutti divelti. Sono stati pure distrutti un altare in pietra nel presbiterio un altare in legno che era servito durante i tre giorni del Convegno, un muro lungo due metri con un rilievo bronzeo della Madonna, e altre opere sacre.

 

Uno scempio

E' stato uno scempio, che ha fatto dire all'arcivescovo metropolita di Spalato, monsignor Franjo Franic, in un'intervista data il 12 ottobre alla Radio Vaticana nel programma per la Croazia: «Avrei preferito passare tutta la mia vita in prigione piuttosto di vedere quello che ho visto». Per completare l'opera, dopo avere anche asportato molte pietre del complesso, spianato scalinate, abbattuto colonne, il comune di Makarska ha chiesto alla diocesi di pagare le spese dei «lavori»! I dirigenti comunisti locali non mancano evidentemente di «humour».

 

Viator Dalmata