I. La via radicale e contrastata di T. Vlasic

Secondo il desiderio delle autorità francescane, la comunità di Tomislav Vlasic (Ottavo anno delle apparizioni a Medjugorje. pp 50-5.4) è ritornata in Jugoslavia, molto vicino a Medjugorje. I suoi membri assistono discretamente alla liturgia serale. Quel ritorno è stato un bene perché questo gruppo di Medjugorje, giovane e scelto, ha un suo ruolo in Croazia piuttosto che all'estero. Ma Tomislav Vlasic è il bersaglio numero uno del Vescovo. È nello spirito di pace che aveva sistemato la sua comunità lontano dalla diocesi. Il suo ritorno ha riaperto un problema.
D'altra parte, il carattere misto della comunità e la sua novità, poneva interrogativi imbarazzanti. Quando la veggente Marija contestò gli oracoli di Agnés Heupel che guidava la comunità, si creò un altro problema (Ottavo anno delle apparizioni a Medjugorje, pp. 51-52). Fu così che all'inizio del 1990 Tomislav Vlasic venne invitato a trovare una soluzione interlocutoria. In pratica, la sua comunità fu provvisoriamente sciolta. Alcuni membri che desideravano continuare la vita comunitaria, furono affidati a padre Pancrazio, cappuccino residente vicino a Bari in Italia, mentre altri sono tornati alla vita normale, continuando a vivere i loro impegni. Tomislav Vlasic ha accettato questa serie di colpi con profondo spirito di pace, di umiltà e di serenità spirituale che mi hanno impressionato. Molti giovani aspettano che la sua comunità riprenda per aderirvi.
Tomislav ha scelto la via stretta: vita contemplativa con un dono totale orientato verso un'offerta vittimale, in unione con la croce di Cristo, per la redenzione del mondo.
È una scelta terribilmente impegnativa, una via d'eccezione, ma fondata sulla croce di Cristo, che è il centro stesso della sua vita e del suo mistero. Gesù invita i suoi discepoli su quel cammino: «Colui che vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Me 8,34; Mt 10,30; Le 9,23).
Nella Chiesa questo insegnamento austero è stato sempre ascoltato. Nel XIX secolo, sono nati molti Ordini di vittime, in particolare le Vittime del Cuore di Gesù (oggi Figlie del Cuore di Gesù), fondato da Madre Maria del Gesù Deluil-Martiny (1841-1884). La sua vocazione di sacrificio fu presa alla lettera. Morì selvaggiamente assassinata dall'anarchico Louis Schave il 27 febbraio 1884. La sua causa di beatificazione rimase a lungo bloccata. La sua attrattiva per il "sacerdozio della Vergine", che ella sosteneva in un senso prudente e generoso, era sotto accusa (R. Laurentin: Marie, l'Eglise et le sacerdoce, Paris 1952, pp. 422-480).
L'ostacolo è stato superato e il Papa Giovanni Paolo II l'ha beatificata (1990).
Tomislav Vlasic ha dunque fatto una scelta eroica, in linea con la tradizione della Chiesa. Il problema è costituito dal fatto che una tale scelta sia comunitaria, poiché questo impegno totalizzante (che Vicka ha fatto spontaneamente, guidata dalla Vergine) sarebbe presuntuoso se non venisse da una mozione gratuita di Dio, come è stato per alcuni mistici. In breve, è legittimo servire Cristo fino "all'estrema prova d'amore" che consiste nel donare la propria vita liberamente, senza rimpianto e senza amarezza. È una forma mistica di martirio cristiano.
Tomislav Vlasic, rispettosissimo della libertà degli uomini in ogni circostanza, propone questa ripresa del radicalismo evangelico, ma non lo comanda né lo impone a forza. È importante che lo vigili con discernimento. Su questa strada, bisogna guardarsi da ogni presunzione e tenersi alle mozioni profonde dell'amore divino. Bisogna guardarsi dagli eccessi di certi preti zelanti del XIX secolo che, senza sufficiente discernimento, reclutavano sistematicamente alcune anime vittime. Non bisogna tentare Dio né sopravvalutare se stessi.
Tomislav Vlasic ha espresso bene l'altezza e la profondità delle sue vedute rispondendo alle domande di un gruppo di preghiera, formato da giovani italiani molto fervorosi. Gli chiesero:
— Tu hai parlato qualche volta di vittime volontarie. Cosa vuol dire esattamente?
Egli rispose:
- Le vittime volontarie sono l'ultimo passo del programma della Madonna. È il grado supremo d'amore verso Dio e verso il prossimo, donare tutto a Dio e donare tutto per i fratelli, preparandosi a soffrire, prendere su di sé le conseguenze dei peccati dei fratelli per salvare il mondo.
Tomislav situa giudiziosamente questo dono totale, questo trasferimento dei peccati del mondo sull'amore riparatore: è l'ultimo passo, il dono supremo, che presuppone una purificazione e una crescita dell'amore in coloro che diventano veramente innamorati di Dio.
Come la mamma è disposta a vegliare tutta la notte per carezzare il suo bambino, così le persone che si offrono si uniscono a Dio e in loro tutto diventa solo e unicamente amore.
La mamma non soffre nel suo cuore quando aiuta il suo piccolo, anche se deve vegliare tutta la notte. È felice quando vede il bimbo felice. Nelle anime che si offrono, c'è questo tipo di amore. La Vergine lo vuole sviluppare, perché le difficoltà e le sofferenze non siano più sofferenze. È sempre un cammino verso la Risurrezione, e nella misura in cui siamo pronti a prendere su di noi le sofferenze di Cristo e dei nostri fratelli, nella stessa misura sentiamo in noi questo amore. Così i peccati dei fratelli vengono bruciati in noi. La Vergine vuole che in questa comunità le persone vivano questo amore prima di tutto tra di loro e poi per la salvezza del mondo (T. Vlasic, in Eco 1989, n. 67, p. 5).

Tale è l'esperienza dei santi (a Medjugorje, quella di Vicka alla quale il dolore non ha mai spento il brio né il sorriso). Tuttavia, la massima: «Con l'amore, le sofferenze non sono più sofferenze» esige per lo meno delle spiegazioni, dato che le sofferenze restano. Quelle di Gesù crocifisso, quelle di Maria sul Calvario, non sparirono affatto, ma furono accettate con profonda serenità interiore.
Grignion de Monfort, che aveva una vocazione di sofferenza eccezionale, diceva, con l'umorismo che si addice alla sofferenza cristiana: «l'amore non elimina la sofferenza, ma ne addolcisce l'amarezza, come lo zucchero condisce i frutti amari rendendoli deliziosi» (Trattato della vera devozione, n.:154, Opere complete p. 584).
Per questo egli chiamava amabilmente la Vergine «la confettura delle croci» (ibid. n. 154). Tale era la sua profonda esperienza: "Sono contento e gioioso in mezzo a tutte le mie sofferenze, non credo che ci sia niente al mondo di più dolce per me che la croce più amara, quando è imbevuta del sangue di Gesù crocifisso e nel latte della sua divina Madre... Non ho mai fatto tante conversioni come dopo le difficoltà più sanguinose e ingiuste (Lettera 26, Opere complete p. 65).
I suoi amici si stupivano di vederlo felice e senza amarezza nelle contraddizioni più fastidiose. Amava tanto la sofferenza redentrice di Cristo da preoccuparsi quando le sue missioni riuscivano troppo bene. I suoi compagni se ne rallegravano, lui invece protestava: - Niente croci, che croce!
Le croci non sono mancate e non mancheranno a Tomislav Vlasic e alle sue comunità: attacchi da parte del vescovo Zanic, umile e austera partenza per un anno di deserto, opposizione pubblica di Marija che era la più bella gemma della comunità, molteplici difficoltà e dispersione di coloro che aveva riunito.
Ma Tomislav Vlasic è pronto a tutto. Egli si tira da parte e accetta con serenità l'attuale momento di stasi. La sua via radicale con voti può essere quella di una comunità laica? O deve trattarsi di un istituto religioso? Ma le regole imposte agli istituti religiosi non autorizzano la promiscuità. Se fonda questa nuova famiglia religiosa, può rimanere francescano? E non è pericoloso che la comunità sia mista, dal momento che la distanza di circa un'ora di strada tra le due abbazie di Bec, quella maschile e quella femminile, non impedirono una spiacevole sorpresa tra l'abate e l'abbadessa, tra l'altro già avanti negli anni (lui era sessantenne)? Le strade del fervore sono difficili e insidiose. Come conciliarle con la prudenza?

10. Intervista a Tomislav Vlasic
settembre 1989

Tomislav è interrogato da una ventina di giovani del gruppo Regina Pacis di Foggia, in un giorno non precisato, del settembre 1989.
Domanda - Siamo animatori di un numeroso gruppo di preghiera, con qualche centinaio di persone. Cosa consigli agli animatori di gruppi di preghiera?
Tomislav - È difficile rispondere. Io penso che per tutti quelli che vogliono guidare la preghiera, la cosa essenziale sia quella di trovare il tempo per la preghiera personale e liturgica. La preghiera personale sviluppa il cuore quando il cuore si apre a Dio. Allora, i metodi per trasmettere agli altri diventano semplici perché il Vangelo è semplice; e Gesù ci ha indicato un cammino di semplicità. Un' altra cosa importante è questa: ci sono dei preti e dei religiosi che vivono troppo in funzione degli altri. Ora, l'ultimo messaggio del 25 luglio deve esser vissuto da noi personalmente. Solo così arrivano ad essere trasparenza di Dio e della Gospa, e non sarà più difficile per loro guidare la gente.
D. - Al di là del cammino personale di ciascuno, puoi indicarci qualche suggerimento per i gruppi di preghiera?
T - Questo dipende dal gruppo. Può essere di 200 o di 20 persone (...). Coloro che desiderano avanzare nella vita spirituale devono imparare a starsene in silenzio, per ricevere Dio che si manifesta particolarmente nel silenzio. Mi riferisco al silenzio creativo nel quale la persona è prostrata davanti a Dio, gioiosa, aperta. È allora che Dio può fare miracoli, come resuscitare le persone. Questa è la strada perché nella vita spirituale il silenzio è una condizione indispensabile. Se non entriamo nel silenzio siamo sempre superficiali. Se ci entriamo, diventiamo capaci di ascoltare Dio, di comprendere Dio, di contemplare Dio e allora questo incontro ci cambia e ci trasforma (...). Indipendentemente dal numero dei componenti, il gruppo deve avere un nucleo di persone che vanno avanti, progrediscono e diventano animatori e trasparenza di Dio. Altrimenti, restiamo in un circolo chiuso: sempre molte parole, molta attività, molte lezioni e pochi frutti.
D. - Quel momento di silenzio deve essere soltanto a livello personale o anche a livello di un gruppo?
T. - Anche a livello del gruppo. Vedete, non possiamo recitare il Rosario senza il silenzio. Non possiamo entrare nel mistero senza il silenzio. Non possiamo capire, non possiamo nemmeno essere una comunità senza il silenzio, perché nel silenzio Dio si manifesta in modo particolare nel nostro intimo. Ciò vuol dire che anche la comunità deve ritrovarsi lì, nel silenzio. Non parole che vengono dal nostro io! ma parole che vengono proprio dal silenzio, che vengono dallo Spirito santo, quando siamo nel silenzio. Nel gruppo o nella comunità, il silenzio lo possiamo chiamare ascolto: capacità di ascoltare Dio, ma anche il prossimo. Senza questo silenzio, anche i cantici restano superficiali, anche le parole restano superficiali.
D. - Molti notano tuttavia che il silenzio, in una adorazione eucaristica, per esempio, è più difficile da vivere, più pesante che non un momento di preghiera ad alta voce da parte di colui che conduce l'adorzione.
T. - Questo è solo il segno che abbiamo dei problemi e abbiamo paura di incontrare noi stessi, perché la paura che ci viene dal silenzio è paura di incontrare noi stessi e Dio. Per questo il silenzio è una condizione per poter far uscire, dall'interno, le nostre frustrazioni, le nostre paure, i nostri idoli. Senza il silenzio, con molte parole ricopriamo la nostra stessa interiorità e tutti i nostri problemi; a volte gridiamo, in modo che le nostre preghiere diventano grida di rivolta. Si dice che un uomo che sì rivolta è un ateo. Mentre un uomo che parla, ma che parla a cominciare dal silenzio e dalla pace, è un uomo di Dio perché ascolta sempre. Anche per questo, le nostre preghiere diventano spesso una attività umana e manifestano Dio solo in parte. Come il silenzio è una necessità per ascoltate il suono, così è una necessità per conservare ciò che è nato dall'incontro, per farlo crescere, per proteggerlo. Altrimenti, dopo un incontro, alla fine di una festa esteriore, restiamo fuori, non possiamo seguire quel che c'è all'interno di noi stessi.
D. - Per poter incontrare Dio nel silenzio, la Gospa ci invita anzitutto, ad abbandonare i nostri problemi, le nostre preoccupazioni. Ma come farlo concretamente?
T. - Ci si arriva dolcemente (piano piano). Non può essere fatto d'un colpo. Ma è importante offrire, rinunciare a un sentimento negativo, per esempio accettare una sofferenza dovuta a una offesa e perdonare. A livello morale, si tratta di offrirsi in questa situazione e di dire: «Ma Signore, io accetto questa, situazione così com'è, mi sento in una situazione cattiva, l'affido a te. E io abbandono la partita e comincio ad adorarti e ad amarmi!». Una delle cose più tragiche della vita spirituale è che gli uomini non amano se stessi quando sbagliano e non amano coloro che sbagliano. Qui comincia la tragedia. Se io non mi amo quando sbaglio, allora nei momenti più critici della mia vita non mi amerò e non potrò più andare avanti.
D. — Quando tu dici amarsi, vuoi dire che dobbiamo accettarci come siamo?
T. — No, amare vuol dire proprio amarsi, anche quando facciamo un peccato, senza accettarlo e volendo rimediare. Come una mamma, quando vede cadere un figlio, corre e l'abbraccia, lo stringe, così l'uomo dovrebbe vivere l'amore di Dio in sé e per sé. Noi abbiamo imparato a criticare gli altri, a condannare gli altri, e finiamo così per fare la nostra stessa condanna. Noi condanniamo noi stessi. Per questo alcuni, durante la loro vita, lottano e fuggono da se stessi, e questa è l'origine della tragedia. Il nostro sistema di predicazione è talmente sbagliato che non riusciamo a cambiare una sola situazione e la ferita resta. Così è della situazione di peccato nella quale mi trovo: non solo devo accettarmi, ma devo amarmi, lasciare il mio peccato, lasciare il mio errore e fare in modo che l'amore di Dio entri in me. Dio mi ama sempre. Per me, le pagine più belle del Vangelo sono quelle in cui Gesù dice che la gioia in cielo sarà più grande per un solo peccatore convertito che per 100 giusti che non hanno bisogno di conversione. Questo è il principio di una rivoluzione. Perciò, per questa situazione di peccato, quando mi offro a Dio, quando gli mostro ciò che è accaduto nella mia vita, lascio entrare in me la luce dell'amore di Dio. Nella sua parola, noi troveremo sempre il perdono, vedremo come Gesù ama i peccatori. Allora io posso incontrare Dio in quella situazione di peccato, comincio ad adorarlo, lascio i problemi e per me non è più importante sapere se ero, se sono peccatore. L'importante è che io vivo questo amore di Dio e lo incontro. Da qui parte 'la nostra trasformazione. (Eco n. 65, p. 5).

10.1 L'AVVENIRE

D. - Quando siamo nel peccato, però, qualche volta, siamo presi dallo scoraggiamento ed è difficile che ci venga in mente un sentimento positivo come l'amore verso noi stessi, dopo esserci scoperti miserabili e peccatori.
T. - È proprio questo il problema. Talvolta in noi ci sono reazioni negative, perché abbiamo ricevuto l'immagine di un Dio minaccioso, e questo è il gioco di Satana che cerca di turbarci, di inculcarci la paura, la sfiducia, l'incredulità; e allora, non riusciamo più a muoverci. Al contrario, se noi cristiani siamo aperti all'incontro con il risorto, non avremo più bisogno di psichiatri.
D. - A proposito di Satana, la Gospa dice che, con il Rosario, l'Eucaristia e il Vangelo, allontaniamo Satana. Però nella vita di tanti santi, vediamo che, a mano a mano che progredivano sul cammino della santità, erano minacciati più da vicino, qualche volta fisicamente, dal demonio. Come possono essere compatibili fra loro queste due cose?
T. - Possono essere compatibili, perché chi progredisce nella santità assomiglia sempre di più a Dio, e provoca la, collera dì Satana che odia Dio e tutto ciò che gli è simile; ora, queste persone tolgono a Satana molte anime. E' una sfida (... ) e perciò la Gospa, con i suoi figli, lotta contro Satana.
D. - A proposito di lotta, tu personalmente pensi che siamo nei tempi profetizzati dall'Apocalisse di Giovanni?
T. - Sì, sicuramente. Sicuramente, perché la Parola di Dio parla con chiarezza dei segni premonitori, e oggi noi abbiamo troppi segni per questo momento attuale della storia, troppi segni per non capire e ne saremo responsabili.
D. - Per quel che riguarda gli ultimi tempi, si è notato che già san Paolo diceva di vivere negli ultimi tempi. È un riferimento profetico o cronologico?
T. - Non possiamo mai sapere cosa vuol dire, gli ultimi tempi. È un termine relativo che si trova nell'Apocalisse come nel primo secolo del cristianesimo. Ma, oltre a questo significato relativo, dobbiamo veramente essere coscienti che adesso siamo nel tempo dei grandi avvenimenti, in cui Dio vuole operare un cambiamento per tutti e nei quali, i veggenti dicono che queste apparizioni sono le ultime per l'umanità, e che, con questi avvenimenti, si compie il tempo di Satana. È vero: una pagina nuova (è voltata), qualche cosa succederà, mi domando se Satana non avrà più potere sulla terra, che cosa diventerà la terra? Potrà esserci solo amore ovunque.
D. - Abbiamo letto che questo potere di Satana dovrà essere annullato con la realizzazione del decimo segreto: segreto che Mirjana rivelerà qualche giorno prima che si realizzi. Allora tutto ciò è cronologicamente prossimo, perché si dovrà realizzare durante la vita di una persona concreta, Mirjana. Dunque, vuol dire che gli anni del potere di Satana sono contati.
T. - Io dico di no. Davanti a noi, ci sono grandi avvenimenti e non direi davanti a noi, ma in noi. Noi siamo già in questi avvenimenti. Ho parlato, poco tempo fa, con uno psichiatra, e gli ho chiesto se la salute delle persone progredisce o se aumentano le malattie. Mi ha risposto che le malattie sono in rapido aumento. La Gospa ci ha spiegato che, andando avanti, l'inquietudine nel cuore degli uomini
aumenterà in modo progressivo. Questo tempo è il tempo dell'inquietudine, perché gli uomini non hanno ascoltato Dio, l'unico che può donare la pace. E, con la crescita di questa inquietudine dei cuori, arriviamo al caos in noi e al caos universale.
D. - Qualcuno di noi fa parte di diversi movimenti ecclesiali e, a causa dell'impegno nel nostro gruppo di preghiera, incontra qualche difficoltà nei suoi rapporti con i responsabili dei nostri movimenti d'origine. A quale argomento possiamo ricorrere per convincerli della compatibilità tra i nostri due impegni?
T. - È sufficiente mostrare i frutti; io penso che siete fortunati ad avere persone di diversi movimenti. Dio è trino e uno. La Trinità è diversità e unità. Questa è una perfezione. Allora, se voi siete diversi e uniti nell'amore, siete ricchi e forti, perché tutti i movimenti nella Chiesa sono strumenti che devono servire a uno scopo d'amore. E c'è qualcuno che può unire questi movimenti, io direi per una unità perfetta: la Mamma. La mamma non ha strutture, essa ha l'amore, e anche voi allora dovete essere amore materno per i vostri fratelli. Allora non ci saranno più divisioni, ma solamente l'unità.
D. - In che senso la Gospa ha detto una volta: «Io sono venuta a purificare tutti i movimenti?»
T. - In tutti i movimenti c'è qualcosa di buono e qualcosa di limitato, di negativo. Secondo me, per "purificare' la Gospa intende un rapporto con Dio e con gli uomini più semplice, più amorevole, più profondo e senza tutti quegli elementi umani che opprimono. Poiché di fronte a tanti movimenti, la Madonna si presenta meglio di chiunque con le sue semplici parole. In tutti i movimenti ci sono teorie,
metodi, strutture, capi e quando tutto ciò diventa pesante allora siamo nella situazione dei farisei che impongono sulle spalle degli altri pesanti fardelli, cosicché la gente non sa più amare. Io penso che per arrivare alla profondità dell'unione con Dio, non possiamo camminare senza la Gospa. Crediamo nella "comunione dei santi" e abbiamo bisogno di santi. E la Gospa, oltre ai santi, ha un ruolo di mamma che ci partorisce: perciò è stata chiamata Madre della Chiesa e questo compito è importantissimo. Nella Gospa, noi non troviamo né teorie, né strutture, ma sempre la mamma che partorisce e prepara ai doni dello Spirito Santo. A dispetto dei timori che la Madonna possa essere un ostacolo sulla strada del dialogo ecumenico, abbiamo scoperto il contrario: la Gospa è unica, essa unisce perché non ama quelle teorie, ma ama ognuno di noi come mamma. Nello stesso tempo, in maniera immediata, essa rappresenta l'amore di Dio e allora, attraverso lei, possiamo toccare Dio, sentire Dio. (Eco, n. 65, pp. 5-6)

10.2 La CONSACRAZIONE

D. - Per essere uniti a questa Madre unica, si parla spesso di consacrazione. Puoi spiegarci come bisogna intendere questo termine?
T. - Esistono molti passi nella consacrazione: consacrazione in senso largo, alla quale la Gospa chiama, e consacrazione della vita secondo la prassi della Chiesa, quando la persona si consacra completamente come religioso, religiosa o laico, in una comunità consacrata. Bisogna sottolineare alcuni punti: il primo è che, attraverso la consacrazione, cerchiamo di essere più simili possibile alla Vergine, al suo Cuore immacolato, per sviluppare in noi le sue stesse virtù. Il secondo punto è che consacrandoci offriamo la nostra libertà alla Vergine e allora lei ha la possibilità di proteggerci da Satana.
Ancora un punto: questa consacrazione è stata annunciata in modo particolare per questi anni, il trionfo del Cuore immacolato vuol dire che questi tempi appartengono alla Gospa e come essa ci dice in alcuni messaggi: «Verrà il tempo in cui, senza la mia protezione, voi non potrete andare avanti». In questi tempi, in cui noi attendiamo il trionfo del Cuore immacolato, Dio ha dato un incarico speciale alla Gospa e allora, offrendoci a lei, viviamo questa realtà in preparazione del trionfo del suo Cuore immacolato, che sarà anche, il trionfo dei nostri cuori.
Inoltre, c'è il significato della consacrazione all'interno di una comunità: è un altro passo. Quando le persone, non solo globalmente (genericamente), ma totalmente, si offrono a Dio attraverso il Cuore immacolato per vivere solamente per Dio, 24 ore su 24, è un appello a donare tutto alla Gospa per aumentare quel trionfo e per offrirsi come strumenti per quel trionfo.
D. - Qualche volta tu hai parlato di vittima volontaria (la comunità di Tomislav è orientata verso questo sacrificio). Cosa significa esattamente?
T. - Le "vittime volontarie", sono l'ultimo passo nel programma della Gospa, perché si arriva all'ultimo gradino dell'amore verso Dio e per il prossimo. Dare tutto per Dio e dare tutto per i fratelli, preparandosi a soffrire, a prendere su di sé le conseguenze dei peccati dei fratelli, per salvare il mondo. Tuttavia, per capire, bisogna guardare le premesse. Le persone diventano veramente innamorate di Dio iniziando da una purificazione e da una crescita d'amore: come la mamma che si presta a vegliare tutta la notte per carezzare il figlio, così le persone che si offrono si uniscono a Dio e allora, nel loro intimo, c'è solamente l'amore. La mamma non soffre nel suo cuore quando aiuta il piccolo, anche se deve vegliare tutta la notte. Nel suo intimo, è felice quando vede il figlio felice con lei. Ebbene, in queste anime che si offrono c'è questo tipo di amore. La Gospa vuole sviluppare questo amore, in modo che le difficoltà e le sofferenze non Siano più sofferenze. È sempre un cammino verso la risurrezione, nella misura in cui siamo pronti a prendere su di noi le sofferenze del Cristo e dei nostri fratelli, nella misura in cui sentiamo in noi questo amore.
D. — Cosa vuol dire la Gospa nel messaggio: «Formatevi una coscienza attiva»?
T. — La coscienza attiva non è altro che l'attenzione continua a Dio, che riceviamo nella messa e nella sua Parola, perché sia sorvegliata, protetta, oggetto delle nostre cure. Così, la gioia ricevuta è garantita. Coscienza attiva non s'intende quindi nel senso di attivismo, che sarebbe il contrario dell'atteggiamento della Gospa, poiché è Dio ad essere attivo in noi.
D. — Un'ultima parola sui preti e sui valori della benedizione.
T. — Penso che nessuno tra noi sia sufficientemente cosciente della benedizione. Noi preti ne siamo coscienti e penso che dobbiamo prepararci a dare la benedizione. Anche i fedeli che la ricevono devono imparare a custodirla. La benedizione data dalla Vergine svanisce se non l'accogliamo, se non ci proteggiamo, se non vigiliamo su noi stessi.
Soprattutto nei messaggi ai gruppi di preghiera, la Gospa sottolinea che bisogna custodire e proteggere la benedizione. Quindi dobbiamo essere coscienti della forza della benedizione, svilupparla, chiederla. La benedizione è il massimo che Dio può dare, bisogna solamente crederci, viverla, non come un segno magico, ma come una forza di Dio che entra in noi e sviluppa tutto ciò che in noi è di Dio. Tutti dovete diventare benedizione l'uno per l'altro.
(Eco, n. 67, p. 6, raccolta da Angelo Nesciello)

Home