Intervista a P. Tomislav Vlašić

A cura di renzo allegri - foto nicola allegri


«Quello che vede laggiù è Padre Tomislav Vlasic», dice il mio accompagnatore indicando un uomo che passeggia tra gli olivi, nell'entroterra ligure. «E' qui agli "arresti domiciliari" per ordine della Congregazione per la Dottrina della Fede che sta esaminando la sua posizione in rapporto ad accuse purtroppo gravissime».
Padre Tomislav è un frate francescano bosniaco, notissimo fra i devoti di Medjugorje, uno dei quattro religiosi presenti fin dall'inizio alle apparizioni, testimone storico di quei fatti prodigiosi, per anni "direttore spirituale" dei sei veggenti e divulgatore nel mondo.
«Ora», prosegue il mio interlocutore con voce addolorata, «è accusato di eresia, immoralità, manipolazione delle coscienze, disobbedienza ai superiori, diffusione di errori dogmatici, falso misticismo. E' "sospeso a divinis", cioè non può celebrare la messa, confessare, impartire i sacramenti, svolgere le attività che sono specifiche della sua condizione di sacerdote. Incredibile. Conosco da anni padre Tomislav e sono certo che la Congregazione troverà che è innocente».
Il mio interlocutore è un frate francescano, confratello di padre Tomislav ma, data la situazione, desidera non essere identificato: lo chiamerò convenzionalmente padre Francesco. Ci avviciniamo a padre Tomislav. E' vestito in borghese, non può indossare il saio. Ha un crocifisso al collo. Ci sorride, ma si nota che il suo viso scarno ha un'espressione smarrita. «Come sta?». Ci accorgiamo subito che la domanda è fuori luogo. «Potrei stare molto meglio», dice padre Tomislav sorridendo. «Ma non mi lamento. Qui posso pregare, meditare, leggere, scrivere e anche lavorare la terra. Il contatto con la natura aiuta a sentirci vicini a Dio creatore. Giovanni Paolo II ha scritto: "La natura è un libro scritto da Dio: nelle sue pagine vi è un messaggio che attende di essere decifrato ed è un messaggio d'amore"».

Domanda. Le autorità ecclesiastiche sono state severe con lei.

Risposta. «Da un punto di vista umano sono stato proprio distrutto. Ma ciò che conta non è l'apparenza di fronte al mondo, ma la realtà di fronte a Dio. Noi possiamo costruirci una maschera per apparire belli, ma non possiamo nascondere la nostra vera identità a Dio. Fin dall'inizio della mia attività a Medjugorje ho offerto la mia vita a Dio. Il cristiano è un seguace di Cristo e Cristo è morto sulla croce come un malfattore. I seguaci di Gesù, coloro che gli affidano la loro esistenza terrena, sono spesso chiamati a seguirlo fino sulla croce».

D. Le sue parole fanno intendere che lei non si ritiene responsabile delle accuse rivoltele.

R. «Non voglio parlare della mia situazione. Lo farò davanti ai miei superiori, quando mi chiameranno. Qualcuno in questi giorni ha scritto e detto che sono un "religioso ribelle". Non è vero. Sono un "figlio della Chiesa" e come tale "obbedisco" in silenzio. Non posso, però, dichiarare il falso, mentire a me stesso e a Dio. E sono certo che neppure i miei superiori mi chiederanno questo. Per il resto, lasciamo che sia Lui a governare le situazioni».