Carissimi,
sono un sacerdote che è “nato” spiritualmente a Medjugorje. Ho seguito le ultime vicende che riguardano lo status canonico di P. Tomislav Vlasic attraverso i vari decreti e commenti pubblicati da diversi media cattolici e non, e sinceramente sono rimasto molto stupito dalla superficialità e dalla non conoscenza della terminologia giuridica e dogmatica della questione, anche da parte di coloro che li hanno firmati.
Per amore verso la verità e per correttezza di informazione, permettetemi di dare un piccolo contributo alla questione precisando alcuni punti emersi nei provvedimenti che riguardano P. Vlasic.
Nei decreti si parla di riduzione allo stato laicale. È un’affermazione enormemente sbagliata, che nella terminologia giuridica ecclesiale è stata cancellata e superata da quasi 30 anni; l’attuale Codice di Diritto Canonico l’ha sostituita con un’altra espressione più esatta: dimissioni dallo stato clericale.
Spesso la gente quando sente parlare di riduzione allo stato laicale pensa che si possa “togliere” il sacerdozio, e che un sacerdote possa ritornare ad essere laico. Per questo ritengo importante sottolineare che qualsiasi sacerdote rimane sacerdote in eterno, indipendentemente dai provvedimenti presi nei sui riguardi.
Per spiegare la differenza tra lo stato clericale (che un sacerdote può perdere) e la sacra ordinazione (che è invece indelebile) citerò alcuni brani del commento giuridico del Codice di Diritto Canonico di don Luigi Chiappetta:

“Lo stato clericale indica per sé soltanto una situazione ecclesiale giuridica. L’ordine sacro, invece, determina una condizione sacramentale di natura ontologica, che trasforma soprannaturalmente l’uomo nel suo essere, costituendolo ministro sacro. La sacra ordinazione imprime nell’anima un carattere indelebile; una volta ricevuta validamente, non può mai venir meno, né essere annullata, mentre si può decadere dallo stato clericale, che è uno stato esclusivamente giuridico. A un ministro sacro si può proibire di esercitare alcuni o tutti gli atti dell’ordine, ma il sacerdote non può essere mai privato della potestà che ha ricevuto nella sacra ordinazione (can. 1338), e gli atti da lui posti saranno sempre validi dal punto di vista sacramentale e della grazia, anche se illeciti dal punto di vista giuridico” (cfr. Luigi Chiappetta, Il Codice di Diritto Canonico, ED, pag. 370).

Questo significa che quando un sacerdote viene privato dello stato clericale, perde determinati diritti giuridici, incarichi, onori ecclesiastici, ma non diventa assolutamente laico. La gerarchia ecclesiastica può vietare certi atti a un sacerdote (la celebrazione dei sacramenti, l’accompagnamento spirituale, la predicazione, ecc.), ma se per assurdo un sacerdote privato dello stato clericale continuasse a celebrare l’Eucaristia e impartire i sacramenti, quei sacramenti sarebbero validi dal punto di vista della grazia, anche se non leciti dal punto di vista giuridico. Basti pensare che in caso di pericolo anche un sacerdote scomunicato potrebbe confessare, assolvere, impartire tutti i sacramenti. Questo perché la perdita dello stato clericale è un provvedimento temporaneo che non tocca l’essenza del sacerdozio.
Mi è sembrato molto scorretto sentir dire che padre Vlasic non è più sacerdote, e sentirlo dire anche da ministri che dovrebbero conoscere queste cose e che non dovrebbero permettersi di ingannare i fedeli.

Nei dibattiti e commenti giornalistici di questi giorni si è parlato addirittura di scomunica. Anche a questo proposito ritengo utile riportare ciò che dice proprio il Codice di Diritto Canonico a proposito della scomunica: “La scomunica è la più grave delle censure, poiché comporta l’esclusione dalla comunione ecclesiale, acquisita mediante il battesimo. Tale esclusione, evidentemente non è separazione da Cristo né dalla Chiesa in quanto Corpo Mistico, in cui si realizza la Comunione dei santi, ma soltanto esclusione dalla Chiesa in quanto corpo giuridico-sociale. L’unione mistica con Cristo e con la Chiesa si perde in parte con il peccato, e definitivamente con la perdita della fede (cioè se la persona consapevolmente e liberamente rifiuta Gesù Cristo). La comunione giuridica, esterna, cessa invece per un provvedimento dell’autorità, che priva il fedele di determinati suoi diritti. Questo, tuttavia, avviene per sé senza pregiudizio dell’unione mistica, che segue le sue leggi” (cfr. L. Chiappetta, Il Codice di Diritto Canonico, ED, pag. 454).

Infine toccherei anche un altro argomento di cui si è parlato: l’obbedienza. Presento semplicemente alcune considerazioni, scritte niente meno che dal teologo Joseph Ratzinger, attuale papa Benedetto XVI: “Al di sopra del papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica” (Commentary on the documents of Vatican II, vol. V, pag. 134, a cura di Herbert Vorgrimler, ed. Herder and Herder).

Spero che queste poche righe possano essere di aiuto a coloro che sono di buona volontà, anche se si potrebbero ancora aggiungere tante cose a proposito delle stranezze che hanno accompagnato questo inesistente processo nei confronti di p. Vlasic, che è stato accusato sulla base di “dubbi” che nessuno ha sentito il dovere di verificare. Anche il diritto romano diceva “in dubio pro reo”, cioè l’accusato si deve considerare innocente finché le accuse non siano provate.

Un caro saluto e buon lavoro! P. Francesco

03 agosto 2009