L'esistenza di forme di vita nello spazio, specialmente se intelligenti, pone nuove domande ai credenti: parla Don Tanzella-Nitti

Quale teologia per ET

«Se un giorno ci dovesse arrivare questa notizia, la Rivelazione non ne verrebbe inficiata assolutamente» «Noi cristiani, più dei non credenti, saremmo pronti ad accogliere gli extraterrestri come creature di Dio»

Di Luigi Dell'Aglio

 

Come reagirebbe un credente alla notizia dell'esistenza di forme di vita nello spazio, specie se si trattasse di ET, di una vita intelligente?

«Dovremmo accoglierla con molta umiltà», spiega il professor Giuseppe Tanzella-Nitti, astronomo e teologo. Perché - lui osserva - il credente sa che la vita è sempre un dono di Dio; per il cristiano i nuovi "interlocutori" sarebbero comunque creature dello stesso Dio. Ordinario di teologia fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce, Tanzella-Nitti ha un significativo passato di astronomo, con ricerche sui quasar e sulle galassie. Ha lavorato presso il radiotelescopio di Medicina (Bologna) e all'Osservatorio di Torino. Uno dei temi centrali dei suoi studi è il dialogo tra pensiero scientifico e rivelazione cristiana.

Quali implicazioni teologiche avrebbe la scoperta di vita fuori dalla Terra?

«Al momento attuale, non abbiamo questa notizia; sappiamo soltanto che le condizioni favorevoli allo sviluppo della vita sono più diffuse di quanto si prevedesse in passato. Certo, se avessimo notizia dell'esistenza di altre forme di vita, ci troveremmo di fronte a un orizzonte nuovo, a un panorama molto più ampio.
Per la teologia sarebbe certamente un fatto interessante. La Rivelazione ci dice che la vita appartiene pienamente a Dio. E quindi la vita è sempre un dono. Avremmo la consapevolezza che si tratta di un dono molto più diffuso nel cosmo».

L'esistenza di altre forme di vita, fuori dalla Terra, creerebbe incompatibilità tra scienza e fede?

«No. La notizia ci obbligherebbe soltanto a una rilettura della Rivelazione, alla luce di questi nuovi risultati. Conserveremmo intatte tutte le conoscenze che già possediamo come già rivelate. Ma ne aggiungeremmo altre. Oppure rileggeremmo le precedenti sotto una nuova luce. Alcune riletture della Rivelazione, forse un po' meno radicali, sono state già fatte. Pensiamo alle grandi scoperte geografiche dei secoli passati. Oppure alla scoperta che l'essere umano ha avuto una lunga storia evolutiva, biologica, culturale, molto più estesa di quanto solo pochi decenni fa potessimo pensare».

E se si scoprissero forme di vita intelligente, e anche più evoluta?

«Se dovesse presentarsi questa eventualità (ma non abbiamo elementi sufficienti per considerarla probabile), dovremmo accoglierla con spirito di umiltà. Con desiderio di capire, e di aprirci a una verità che assumerebbe davvero una portata e dei contorni totalmente insospettati».

L'esistenza di altre forme di vita intelligente e un contatto con loro rafforzerebbero o no la fede del genere umano in Dio?

«Le verità di fede sulla storia della nostra salvezza e sulla verità dell'Incarnazione manterrebbero inalterata tutta la loro forza. L'esistenza di altri esseri razionali non obbliga assolutamente a rinunciare a queste verità. Non dimentichiamo che la Rivelazione ci parla di altri esseri intelligenti diversi dalla persona umana: gli angeli. Hanno avuto una loro storia, o meglio una loro economia salvifica, diversa da quella dell'uomo, e sappiamo che Cristo esercita anche su di loro la sua regalità. Cristo è signore e re anche degli angeli, pur possedendo una natura umana».

Un contatto con extraterrestri non sarebbe sconvolgente, dal punto di vista religioso?

«Noi terrestri, da questo punto di vista, non ci siamo comportati sempre bene. Negli anni '70, dal radiotelescopio di Arecibo (Portorico), fu rivolta verso il cosmo una trasmissione di circa tre minuti, con molte informazioni sulla Terra, sull'umanità e sulla vita. Neanche un cenno al fatto che la maggioranza degli esseri umani crede in un Dio Creatore. Neanche le immagini collocate sulle sonde Pioneer che negli anni '70 si sono spinte al di là del nostro sistema solare, contenevano qualcosa che lasciasse pensare a una dimensione spirituale dell'essere umano. Dunque, noi terrestri, da questo punto di vista, non l'abbiamo detta tutta».

Vuol dire che anche noi potremmo non sapere nulla di una loro fede?

«Non abbiamo dato nessuna informazione sulla nostra. Perciò, se loro entrassero in contatto con noi e non ci dicessero nulla di Dio, questo silenzio non significherebbe che non hanno fede».

La Rivelazione sarebbe valida anche per gli extraterrestri?

«Non lo sappiamo. Di certo è valida, e più che sufficiente, per noi. La Rivelazione che abbiamo avuta è diretta all'uomo, è una Rivelazione nella quale Dio invita l'uomo a una comunione con Lui e ad accogliere l'offerta della sua alleanza e del suo amore. In ogni caso, noi cristiani siamo costituzionalmente disposti ad accogliere il dono della vita, anche in luoghi diversi dalla Terra. Perché abbiamo fede nel fatto che la vita è un dono di Dio. Saremmo subito pronti ad accogliere queste forme di vita come creature di uno stesso Dio. Sarebbe questa la nostra prima reazione. Il non credente potrebbe forse avere un atteggiamento diverso, chissà, perfino conflittuale».

Fonte - Avvenire 05/03/2004