Eco di Maria

Regina della Pace 137

 

Gennaio - febbraio 1998


Lasciate che Dio arrivi
dove vuole

Segnato dal peccato, appesantito dai problemi, dalle paure, dalle insicurezze, l'uomo ha un bisogno profondissimo di incontrare Dio per essere soccorso e sostenuto. Nella sua infinita bontà paterna, Dio non manca mai di aprire le braccia a quanti Lo cercano con fede e cuore sincero. Ma per ottenere quello che serve alla propria guarigione, l'uomo deve innanzitutto sacrificare quello che è già in suo possesso.
La cosa più difficile da sacrificare sul cammino di fede è proprio la nostra logica, le nostre convinzioni perfette, cariche di esperienze e di abitudini (soprattutto spirituali), che bloccano la creatività di Dio e ci rendono rigidi e severi, come lo erano i farisei al tempo di Gesù. Anche la nostra giustizia, quella che ci spinge a dire "sono a posto", "ho ragione" oppure "è ingiusto!" deve essere donata a Dio in sacrificio, altrimenti siamo morti alla vita della Grazia. Infatti, le virtù molte volte non trovano posto in noi, perché il nostro cuore è tutto occupato dalla logica, dalla giustizia e dai formalismi umani, implacabili giudici e rigorosi avvocati...
[Dio è come un genio letterario inesauribile che scrive puntate a getto continuo e imprevedibli nel libro della nostra vita. Noi vorremmo sempre veder finito il nostro libro per essere soddisfatti nel confronto con gli altri, poter godere della nostra esperienza e possedere qualcosa di stabile. Ma mentre noi siamo fermi ai nostri schemi, tutto salta perché Dio va avanti col suo imprevedibile progetto e se non stiamo ai suoi passi e non ci abbandoniamo al suo genio, rimaniamo inesorabilmente indietro]. Per questo è necessario entrare in un silenzio profondo nel quale incontrare Dio e, da Lui attendere ogni risposta. Nel silenzio interiore vissuto al cospetto di Dio, le parole umane non possono aiutarci, ma neanche offenderci, perché niente e nessuno potrà mai prenderci "la speranza che va contro ogni speranza". Le paure non avranno più motivo di esistere, perché sarà Dio a provvedere totalmente a noi, in ogni situazione e circostanza.
Quando siamo totalmente abbandonati a Dio, aiutiamo la nostra anima a liberarsi dalla schiavitù del peccato e ad aprirsi all'azione della Misericordia. Non così i Farisei, i quali possedevano una logica e una giustizia umana perfette, ma rimanevano chiusi alla Misericordia divina.
Per questo motivo la preghiera non deve essere una ricerca di beni o soluzioni, piuttosto un desiderio di essere riempiti della Misericordia di Dio, della Grazia, del perdono, il che naturalmente comporta il sacrificio di tutto il resto, nella certezza di ricevere quello di cui si ha veramente bisogno. Occorre saper mettere tutto sull'altare e, quanto più diamo a Dio, tanto più Egli ci potrà donare.
Il fondamento della vita spirituale è sentire che Dio è Dio, che Dio è il Signore, che Dio è il Salvatore e saper esclamare con fiducia: "Signore mio e Dio mio", proprio come faceva S. Tommaso dopo la risurrezione di Gesù. Ma per farlo bisogna prima liberarsi da tutte le certezze e le esperienze delle quali siamo "ricchi". Esse infatti portano con sé delle attese che finiscono per impedire la libera azione dello Spirito Santo in noi. Tra l'altro, le attese di successi e frutti spirituali possono essere un ostacolo persino maggiore di quelle materiali, perché vengono create in nome di Dio.
Se permettiamo a Dio di procedere come vuole e di cambiare le nostre esperienze precedenti, Egli potrà condurci avanti e attirarci a Sé. Questo vuol dire però anche volere morire alle proprie conoscenze e previsioni e decidere di attraversare con coraggio la propria debolezza, la paura ed il buio.
Il nostro rapporto verso la Grazia si sviluppa e matura quando, consapevoli che non possiamo fare niente da soli, con fede preghiamo e attendiamo che Dio ci aiuti. Solo così Dio potrà utilizzarci secondo il suo disegno a noi sconosciuto. L'unica esperienza spirituale che conta davvero è la nostra capacità di credere incondizionatamente nella Provvidenza divina, nella verità che Dio è Dio, nella certezza che il nostro passaggio attraverso il buio, il dolore, la debolezza è un'offerta a Lui gradita...

(da una conversazione di P. Tomislav)